Second Vin del 1er Grand Cru Classé Pauillac
Il primo riferimento storico ove si cita Lafite risale al 1234, dell’abate Gombaud de Lafite del monastero di Vertheuil, piccolo borgo a nord di Pauillac, area nella quale già esisteva una signoria in epoca medievale. Il nome deriva dal guascone “La Hite”, ovverosia ‘piccola collina’.
La famiglia dei Ségur inizia a piantare la vigna nel 1670 e già nel 1707 la Gazzetta Ufficiale di Londra pubblica un articolo nel quale si narrano le qualità di questo grande vino citato come “New French Clarets”, venduto a bordo delle navi della marina britannica. La fama del castello si deve anche ad ambasciatori insospettabili quali il medico del Cardinale Richelieu, che glielo prescrive come miglior tonico per la salute. Descritto poi come “ambrosia degli dei nell’Olimpo” al sovrano Luigi XV, da quel momento in avanti nelle corti nobili francesi si parlerà di “vino del Re”.
Nel 1787 è poi un giovane ambasciatore dei neonati Stati Uniti d’America a visitare le migliori cantine del Médoc: il suo nome è Thomas Jefferson e rimarrà fedele a vita ai vini di Bordeaux.
Durante il periodo del Terrore successivo alla Rivoluzione francese, anche Lafite viene sottratto ai nobili per essere venduto all’asta a degli olandesi; nel 1868 giunge nelle mani del Barone James Rothschild, capo del ramo francese della nota famiglia di banchieri, che ne è tuttora proprietaria.
Nel 1855 viene stilata la classificazione dei vini del Médoc, che lo conferma immediatamente al vertice della appellazione di Pauillac.
Si tratta di una delle tenute vitate tra le più estese del Médoc con 107 ettari, 70% dei quali impiantati a Cabernet Sauvignon, 25% a Merlot, 3% a Cabernet Franc e 2% a Petit Verdot.
Un terzo della produzione è dedicato al Secondo Vino del castello, il Carruades de Lafite, la cui fama presso il mercato asiatico è cresciuta di pari passo a quello del celeberrimo Premier Grand Cru Classé.
Millesimo 2010
Di colore granato scuro con riflessi viola acceso, il vino offre sentori audaci di prugne cotte con note di mentolo, foglia di tabacco, chiodi di garofano e carni affumicate.
I tannini maturi disegnano una trama equilibrata, al palato è dunque piacevolmente strutturato e sottile. In bocca la freschezza di quest’annata si ha accanto a una bella acidità, che conduce a un finale lungo, elegante e dal tocco speziato.